Natività B. V. Maria

Il nome di Scandiano apparve per la prima volta in un atto notarile del 1210, citando “una massaricia” tra i beni del castello del Gesso, ma il castello, secondo la versione ufficiale, venne fabbricato nel 1262 da Giberto Fogliani e popolato di uomini del Castellazzo di Pratissolo. Entro le mura vi fu costruita anche una cappella, definita “meschina rettoria”, per i pochi abitanti. Quando Nicolò III d’Este investì Feltrino Boiardo dei castelli di Scandiano, Arceto, Gesso e Torricella si rese necessaria una chiesa più prestigiosa e più grande, che Feltrino costruì intorno al 1430, dedicata a S. Maria, lasciando per testamento di esservi tumulato alla sua morte, avvenuta nel 1455. Da allora diventò il piccolo Pantheon dei feudatari di Scandiano. Primo rettore fu Antonio da Vizano, che nel 1460 divenne canonico e arciprete della cattedrale di Modena. Perché fosse “convenientemente officiata” il conte Matteo Maria Boiardo pensò ad un consorzio di preti, che si costituì nel 1497 ed ad esso si unì nel 1502 la chiesa di Pratissolo. Una volta diventata consorziale o collegiata, la chiesa di Scandiano assunse tutti i diritti di Pieve, annettendosi, verso la metà del sec. XVI, numerose filiali.
Nel 1481 giunsero a Scandiano i Servi di Maria per fondarvi un convento e una chiesa, centro propulsivo intellettuale e religioso. Nel 1517 ottennero il giuspatronato della chiesa di Chiozza. Ottavio Thiene nel 1662 donò ai francescani un terreno e, entro dieci anni, vi costruì chiesa e convento. Soppressi nel 1810, i cappuccini ritornarono nel 1824 e vi sono tuttora.
La pianta pievana del Codice Marliani del 1669 ci mostra una chiesa, come ora, a tre navate con l’altare maggiore, affiancato da quello del Rosario e di Santa Caterina, protettrice di Scandiano. Sul lato destro di chi entra vi era la cappella di San Pietro, legata al Consorzio dei preti, poi di Cristo Morto e di San Clemente, mentre sul lato sinistro gli altari erano addossati al muro. Vi era pure la torre sulla sacrestia. La chiesa resse per molto tempo con piccole manutenzioni e adeguamenti. Quando si giunse al 1762 la situazione era veramente insostenibile e il parroco don Giuseppe Bedeschi si affidò alle calde esortazioni del bravo predicatore il conte canonico Zipremon di Mantova per far scucire le borse dei parrocchiani e soprattutto dei possidenti. Il buon risultato permise di iniziare subito i lavori dopo aver portato solennemente il SS.mo nella chiesa dei Servi, che sostituì temporaneamente quella parrocchiale.
Fu rifatto il pavimento, il presbiterio e la facciata. Sulla porta grande fu costruita una nuova cantoria e vi fu posto l’organo, furono costruiti gli altari della SS.ma Annunciata e di S. Lucia, restaurati gli altri con le loro cappelle. In sei mesi i lavori terminarono e il 17 ottobre dello stesso anno si riportò in processione il SS.mo in chiesa e posto all’altare del Rosario per lasciare libero il maggiore per tutte le funzioni solenni. Quindici anni dopo, per non aver ricoperto il cornicione col rame, fu necessario restaurare la facciata. La presente torre campanaria fu iniziata dall’arciprete don Francesco Vallisneri e terminata nel 1766 col contributo della Confraternita di San Giuseppe e nel 1779 ebbe un nuovo concerto di quattro campane, fuse dai fratelli Ruffini di Reggio. A inizio 1904 don Anacleto Pizzarelli coinvolse il Comune e i privati per un nuovo restauro della chiesa “Grande”. Fu rifatto il pavimento, rinnovato il presbiterio, chiuso da una balaustra in ferro, ridipinto l’interno della chiesa, abbellita la facciata con ripari in ghisa, costruite tre nuove cappelle sul lato occidentale, mentre quella del Cristo Morto, a destra, fu restaurata e abbellita dalla signora Cristina Zanni in Canevazzi; furono rinnovati anche i banchi, riparati gli scranni e gli inginocchiatoi del coro. La chiesa riaprì dopo un anno di restauri più grandiosa e più bella di prima. Il 1910 segnò un’altra coraggiosa impresa con la costruzione del complesso educativo denominato “Ricreatorio Lazzaro Spallanzani” ad opera del parroco mons. Giuseppe Pedrini, tra i primi fondatori dei gruppi di Boys-Scout in diocesi. Nel maggio del 1926 aprirà l’asilo parrocchiale, retto dalle sorelle Messori. Don Albino Rossi resse la parrocchia nei difficili anni della guerra e poi dello sviluppo economico, guidando i fedeli ad una nuova consapevolezza di vita cristiana. Riparò le macerie materiali, ricostruendo le tre cappelle di sinistra, distrutte da un bombardamento nel 1945 e quelle spirituali, riorganizzando la vita parrocchiale. Venendo meno la figura tradizionale del parroco in alcune chiese scandianesi, con don Gigi Milani si è cercato di fare un cammino spirituale insieme costituendo la Pieve. Ora sono con noi don Enrico, don Giacomo e don Paolo.
Diamo uno sguardo alla chiesa. La facciata tripartita, delimitata da lesene a capitello ionico, è illuminata nella parte centrale da un portone a volto e da un finestrone lobato sotto la trabeazione e in quelle a lato dalle porte piccole con sopra snelle finestre archivoltate. L’interno della chiesa è a tre navate, quella centrale è a volta, sorretta da sei colonne con otto archi portanti, mentre le laterali hanno le volte a crociera. La prima cappella, sul lato destro per chi entra, conserva un dipinto (1691) di Orazio Talami (1624-1705), che rappresenta tre santi (S. Pietro inginocchiato, il benedettino S. Mauro e il domenicano S. Giacinto di Polonia) e uno storpio in adorazione della “Madonna delle Grazie”, racchiusa in alto entro una cornice lignea quadrilobata circondata da una corona di angioletti. Il restauro del 1992 ha rivelato che questa è una seconda tela, posta sotto la prima, opera (1510) di Giovanni Soncini. Nella sua parte terminale, che rimane nascosta, sono raffigurati S. Pietro, S. Giovannino e S. Pellegrino delle Alpi di Garfagnana. Nella seconda cappella, a volta ellittica sormontata da una lanterna e ricca di elementi barocchi, vi si venera il “Cristo Morto”, scultura lignea policroma (1661) dell’artista siciliano Antonio Baiardi. Sulle pareti sono collocati due dipinti molto scuri, sulla sinistra è raffigurata la Madonna addolorata con il Cristo morto, sulla destra appaiono in una composizione interessante le figure di quattro Santi: S. Giovanni, S. Antonio, S. Rocco e S. Agata. La terza cappella mostra un apparato architettonico costituito da due coppie di colonne e pilastro che sostengono l’architrave e il fregio e all’interno contengono la nicchia con la statua lignea della Madonna del Rosario, opera (1654) dello scultore Antonio Baiardi, ritoccata nel 1904 dal pittore reggiano Augusto Mussini.
Il vano d’ingresso laterale conserva un piccolo monumento funebre (1800) del celebre naturalista Lazzaro Spallanzani (1729-1799), opera di Lazzaro Tondelli. Nella parte frontale, di fianco all’altare maggiore, vi è la cappella di Santa Caterina d’Alessandria vergine e martire, patrona di Scandiano, ornata con ricche stuccature del modenese Antonio Traeri. Sopra l’altare vi è il prezioso quadro (1588) del pittore bolognese Bartolomeo Pizzarotti (1529-1592). Ai piedi della Santa vi è rappresentato lo stemma del Comune con la scritta: ”Communitas Scandiani”. L’apparato decorativo dell’altare è opera (1684) del modenese Gian Antonio Franchini. Affissa alla parete la pietra sepolcrale dei Boiardi in marmo rosso veronese. Sotto il piano pavimentale sono sepolti i resti mortali di Matteo Maria Boiardo, insieme ad altri membri delle casata che ressero il feudo di Scandiano. L’altare maggiore in solenne stile barocco è opera del reggiano Giacomo Cocconcelli, mentre l’indoratura di Franceschi Setti. In coro l’ancona (1718) è dovuta al parmense Sebastiano Chiesa, mentre l’indoratura è di Giovanni Giaccarini. La tela della natività della Beata Vergine Maria (1718) è di Jean Baptiste Le Bell. La composizione classica crea un’atmosfera serena e composta. Il sottoquadro è un’aggiunta successiva. Dietro l’altare è posto a semicerchio il coro ligneo finemente intagliato.
La cappella a sinistra dell’altare maggiore, detta estense, era dedicata alla Beata Vergine del Ss. Rosario, ora della Madonna di Lourdes. Sopra l’altare è ricostruita in nicchia la grotta con la Madonna e Bernardette. Gli stucchi riccamente modellati vengono attribuiti ad Antonio Traeri.
Nel vano di fronte all’ingresso laterale è collocato l’organo.
Proseguendo vi è la cappella del Sacro Cuore con volta a botte. Nella nicchia sopra l’altare, racchiusa da due semicolonne che reggono la trabeazione e il frontone spezzato a forma triangolare, vi è la sacra immagine in legno dipinto.
A lato vi è la cappella dell’Addolorata. Semplice nella sua composizione. Sopra l’altare in marmo è posta in nicchia la statua policroma della Madonna, proveniente forse dalla chiesa soppressa dei Servi. Sulla parete di destra una piccola nicchia con la statua di S. Antonio da Padova e su una mensola a sinistra di S. Giuseppe con Gesù Bambino.
Infine la cappella del Battistero, dove sopra il fonte battesimale di fattura moderna è esposta la grande tela della Presentazione al Tempio di Giovanni Battista, opera forse di Gerolamo Sassoni “pittore scandianese” (1580-1656). Tela di grande interesse, dove la scena principale è inserita in un’ambientazione classica ricca di altri avvenimenti.
La chiesa conserva pure due opere dello scultore scandianese Luigi Mainoni: uno stucco raffigurante il Buon Pastore e il busto dell’arciprete don Dionigi Lucchesini.