Lettere dall’Amazzonia – MARZO 2024

MARZO 2024

RICOMINCIARE: STAGIONI DELLA PASTORALE GIOVANILE

Arrivato a Santo Antonio do Içá, nel Consiglio Pastorale ho proposto che si iniziassero gruppi di giovani nelle comunità. Per il momento due comunità avevano un gruppetto di giovani con attività organizzate ma di fatto, uno di questi ( nella comunità del centro del paese) non si incontrava più . Abbiamo deciso di organizzare domeniche pomeriggio di incontro-animazione nelle varie comunità cercando di individuare qualche adulto responsabile e invitare i giovani della comunità – bairro, a riunirsi. Nel giro di qualche mese in quasi tutte le comunità della città si era formato un gruppo di giovani che si riuniva.
In realtà non era la fascia dei cosiddetti ‘giovani’ ma adolescenti dai 13 ai 17 anni; con i giovani non siamo riusciti a realizzare proposte specifiche perché dai 18 anni, concludendo il ciclo scolastico avvengono cambiamenti significativi: qualcuno inizia una facoltà universitaria, a Manaus o altre città. (A Santo Antonio abbiamo ancora molto poco a livello universitario). Altri iniziano a fare qualche lavoretto; altri già hanno un impegno di famiglia, infatti diverse ragazze adolescenti hanno figli.
Qualche adulto delle comunità ha accettato di accompagnare il percorso spirituale degli adolescenti MA……per poco! Dopo un anno, due anni tutti i giovani-adulti che si erano impegnati per accompagnare gli adolescenti, hanno lasciato. Qualcuno perché trasferito altrove, qualcuno per gli orari di lavoro troppo pressanti, altri per de-motivazione, difficoltà nel lavoro con gli adolescenti; qualcuno si è reso disponibile per la catechesi ai bambini ma non con i giovani. E senza adulti di riferimento, i gruppi di adolescenti si sono sfaldati. Che fare quando qualcosa finisce? Ricominciare.
Non sempre vale la pena, ci sono realtà della pastorale che è bene lasciar morire, ma nel caso nostro, abbiamo pensato di continuare a lavorare per la Pastorale Giovanile, almeno tentare. Con Virginia, una missionaria che viene dall’ Uruguay con una esperienza di oratorio salesiano, abbiamo continuato, con persone nuove, un coordinamento di Pastorale Giovanile. Poche persone, ma pensiamo sia importante fare proposte di evangelizzazione per gli adolescenti.
Per ricominciare l’anno pastorale è stato proposto un evento do tre giorni ( anche dormendo fuori casa) in uno spazio che un pastore protestante ci ha prestato. Da cinque anni non si faceva un incontro di questo tipo; noi non abbiamo strutture e solo pochi mezzi, per cui non è piuttosto impegnativo organizzarlo, ma i ragazzi che hanno accettato il nostro invito hanno partecipato lasciandosi coinvolgere e tornando in famiglia entusiasti. Ora dobbiamo dare continuità nelle proposte della vita ordinaria delle comunità.
Osservazioni
– Le nostre comunità cattoliche difficilmente hanno forze, disponibilità, voglia o capacità per accompagnare gli adolescenti e giovani. Molte volte parole di critica: i giovani non vengono, i giovani, non fanno, i giovani non si impegnano….. ma noi adulti li stiamo accogliendo, accompagnando, ascoltando, aiutando?
– Saper ricominciare. Abbandoni, fallimenti, stanchezza… per tante motivazione certe esperienze finiscono ma se vale la pena ( se sentiamo che è volontà di Dio) bisogna sempre ricominciare.
– Scopriamo sempre una bellezza nell’animo degli adolescenti, un accendersi di desideri buoni, una volontà di spendersi , una ricerca di Dio. Mi chiedo se i ragazzi vedono nelle loro famiglie, nelle comunità persone animate dallo Spirito Santo, persone che amano la vita, persone positive che testimoniano la bellezza della vita evangelica.
– E’ importante per gli adulti assumere le contraddizioni, incertezze, incostanze dei più giovani. E’ un ‘mestiere’ degli adulti dare stabilità, fermezza, perseverare nelle prove… insomma, manifestare che c’è qualcosa ( qualcuno) per cui vale la pena vivere.

Buona Pasqua a Tutti, con la forza di ricominciare sempre!

Don Gabriele Burani – missionario diocesano in Amazzonia

Santo Antonio do Içá, 13 marzo 2024


 

GENNAIO 2024

FRATERNITÀ e SORORITÀ

È il primo viaggio missionario del 2024, dal 10 al 23 gennaio, ogni Comunità ha il suo giorno fisso, per aiutare a ricordare il giorno della messa mensile. Qualcuno ricorda, molti no, ma noi continuiamo fedeli, secondo il proverbio: “Acqua molle in pietra dura, tanto batte che alla fine fura”. Abbiamo incontrato le tre Comunità del Solimões e siamo entrati nella foce dell’Içá. Nossa Senhora de Nazaré, São João do Japacuá, Santa Maria e, finalmente, Vista Alegre, Comunità indigena Ticuna. Sono 18 famiglie, la maggioranza molto giovani, ma non mancano i nonni, gli anziani che si riempiono gli occhi di speranza vedendo crescere i molti nipoti. Arriviamo presto, verso le tre del pomeriggio e subito siamo accolti da un picchiettare di martelli. Gli uomini stavano lavorando per rifare la copertura di una grande cucina comunitaria, dove si prepara la farina di manioca e la macaxeira, con tre grossi forni per cuocere e avere le provviste per il tempo in cui l’acqua coprirà la terra e non si potrà più piantare. I più giovani stavano sul tetto e gli anziani a terra passando il materiale per la copertura. Santiago e Moisés, cassique e pajé, dirigono i lavori perché tutto sia fatto secondo una logica comune. È bello vederli lavorare in armonia per qualcosa che non è di qualcuno in particolare, ma appartiene a tutti, è per la vita della Comunità. Sentiamo il motore di due canoe che si avvicinano, caricate fino al limite dell’acqua con manioca e macaxeira. Sono le donne alla conduzione e alcuni adolescenti, giovani e ragazze, le accompagnano. Raggiunta la terra, subito c’è un gran movimento e vengono riempite grosse gerle di vimini e comincia una lunga processione di donne, ragazze, giovani e anche alcuni bambini, tutti caricando il peso appoggiandolo sulla testa con un robusto laccio di cipó ricavato da una pianta. Io non riuscirei, da solo, a sollevare una di queste gerle, ma due aiutano il portatore a caricarla sulla schiena e ad assicurare il laccio sulla testa. Così il peso è spalmato sulla colonna vertebrale e ognuno riesce a portare la grande gerla. Nel mentre vedo alcuni anziani attivare una specie di grande grattugia mossa a motore e man mano che arrivano le gerle piene, subito il prezioso contenuto viene grattugiato. Dovrà essere pressato per togliere l’acqua velenosa e cotto nei grandi forni della cucina comunitaria. All’improvviso un urlo interrompe l’armonia del lavoro comunitario. I bimbi si divertono a tuffarsi nel fiume e le mamme si sgolano avvertendoli che è pericoloso ora che l’acqua è alta, ci possono essere dei serpenti. Di fatto, dall’alto, gli uomini vedono una sucurí (serpente velenoso che può raggiungere anche i cinque metri di lunghezza) avvicinarsi. Immediatamente un giovane si tuffa e con un grosso bastone e macete riesce a uccidere il pericoloso animale, ora collocato sulla riva del fiume per ricordare il pericolo sempre presente. Vedo una mamma correre alla canoa con un remo in mano, si allontana alcuni metri fino a raggiungere un ragazzino, suo figlio, conosciuto da noi come “il pescatore”, perché sempre intento a pescare. Lo chiama, lo fa salire sulla canoa, lo porta a riva e appena scesi, con un balzo, gli mette il remo sul collo facendolo sdraiare a terra e tenendolo ben fermo in quella posizione scomoda. Poi lo lascia andare e segue un pianto inconsolabile. Ora “il pescatore” sa che deve obbedire perché il pericolo è sempre alla porta e non si scherza con la sucurí. Tutti gli altri hanno già ripreso il loro lavoro, non si sono ufficialmente accorti dell’azione educativa di questa mamma, ma la guardano compiacenti, come per approvare quel gesto così forte che potrà salvare la vita del suo bambino. Quest’anno la Campagna della Fraternità, che accompagna il tempo che precede la Pasqua, un modo brasiliano di vivere la quaresima, ha come tema: “Fraternità e amicizia sociale” – “Voi siete tutti fratelli e sorelle (Mt 23,8)”. Vuole essere una risposta, una medicina, per guarire la grande malattia del nostro tempo, un super individualismo che produce una fobia verso tutto e tutti che sono diversi da noi. L’ Amicizia Sociale è “l’amore che supera le barriere geografiche e spaziali” (papa Francesco). Vuole essere la fine dell’indifferenza, dell’odio, delle divisioni e guerre, superando questo sistema che gonfia l’individuo a scapito delle grandi cause sociali e comunitarie. L’Amicizia Sociale non esclude nessuno, è una fraternità aperta a tutti. Occorre andare oltre le apparenze, fisiche e morali, e considerare l’altro come prezioso, degno, apprezzabile e buono. Amare l’altro per ciò che è, questo ci spinge a cercare e fare sempre il meglio per la sua vita. Pensando alla Campagna della Fraternità di quest’anno e vedendo il lavoro fatto insieme e con armonia degli indigeni Ticuna mi veniva in mente il volontariato della nostra terra reggiana, tanta gente spendendosi per una causa comune, dalla Croce Rossa al Carnevale, dallo Sport alle feste di paese. Come sarebbe importante che lo spirito del volontariato, fiore all’occhiello di noi reggiani, illuminasse i nostri occhi e il nostro cuore quando guardiamo all’altro, chiunque egli sia, senza giudizio e senza preconcetti, ma come fratello e sorella con i quali condividere e costruire un Mondo migliore, un Mondo giusto e fraterno. Che ci fosse una causa comune, come la pace e la convivenza tra i popoli, come il valore inalienabile della persona, come il futuro per il nostro pianeta Terra e pianeta Acqua, la salvaguardia del Creato e il diritto alla vita per tutti, iniziando dai più deboli; che ci fosse una causa comune capace di creare armonia. Come è importante che le nostre Parrocchie riunite in Unità Pastorali imparino a guardare con occhi positivi, senza giudizio e senza preconcetti a tutte le persone e a ognuna in particolare. Promuovere e valorizzare la partecipazione di tutti, senza esclusioni di appartenenza politica, di situazione ecclesiasticamente ‘regolare’, di nazionalità e religione; accogliere tutti come fratelli e sorelle per offrire una Speranza, per la costruzione di un nuovo Umanesimo, ina nuova Società dove l’amicizia e il rispetto vincano l’individualismo e la paura dell’altro. L’Amicizia non è qualcosa di naturale, non è un legame di sangue, ma è una scelta libera e personale. Per questo è frutto di conversione: occorre, liberamente e con gioia, scegliere di farci amici, farci prossimi. Una Società dove sparisca l’interesse privato a favore di un volontariato per il Bene Comune. Così continuiamo il nostro viaggio, dobbiamo arrivare alla Comunità di San Pietro per condividere una situazione spinosa. Abitano e piantano su questa terra ai margini del grande fiume da più di 40 anni. Sono nati qui e qui sono nati i loro figli. Ora è apparso un signore della città, accompagnato dalla polizia locale e affermando di essere il proprietario di questa terra. Non vuole mostrare i documenti, ma si presenta con un mandato del giudice locale, notoriamente corrotto. Chiede 35.000 reais per vendere la terra a coloro che la possiedono per diritto già da una generazione. Così, come equipe missionaria, ci stiamo attivando, raccogliendo testimonianze e con l’aiuto de un avvocato del CIMI (Consiglio Indigenista Missionario), una Pastorale della Chiesa cattolica brasiliana, proveremo ad impedire una ulteriore usurpazione del diritto dei popoli indigeni in favore delle leggi dei colonizzatori. Sarà una lotta lunga e ardua, ma val la pena difendere il diritto alla vita di chi vive di pesca e di agricoltura, nato su questa Terra madre, anche senza possedere un titolo legale. Il diritto alla vita precede il diritto alla proprietà privata. Mi ricordo, nel tempo in cui ero missionario in Bahia, nella Diocesi di Ruy barbosa, le prime occupazioni dei ‘Senza Terra’ per una riforma agraria, perché la terra sia di chi la lavora e produce. Anche nell’ultima grande secca, chi ha distribuito viveri in quantità per le persone che stavano soffrendo, sono stati i grandi Assentamenti di Riforma Agraria: il “Movimento dei Senza Terra” ha condiviso ciò che la Terra madre ha prodotto con il sudore dei suoi figli. Nordest o Amazzonia, cambia la latitudine, ma il grande problema del Brasile si ripresenta: l’ingiustizia che produce povertà e miseria. Che la Quaresima sia tempo di conversione riscoprendo la fraternità universale che ponga fine alle guerre e ai conflitti di interesse. Conversione perché si faccia giustizia e si riconosca il diritto universale di tutti i popoli: una Terra per abitarci e per produrre l’alimento per vivere in pace. Quella pace che viene dal Dio della Vita e che è frutto della giustizia. Buon cammino di Quaresima a tutti e a tutte, Buona Pasqua di Risurrezione per una vita di fraternità e sororità tra tutti i popoli, per costruire Amicizia e Convivenza Sociale.

Don Gabriel Carlotti – missionario diocesano in Amazzonia

Santo Antonio do Içá, 25 gennaio 2024 – Festa della conversione di San Paolo apostolo

 

DICEMBRE 2023

AVVENTO -NATALE 2023

Carissimi, a voi che collaborate con il Centro Missionario donando un vostro contributo per la Missione Reggiana in Amazzonia, il nostro ringraziamento e una piccola riflessione sul Natale. Il mistero del Natale cristiano è la storia di Dio che si fa uomo per rendere gli uomini più umani; si, di questo abbiamo bisogno, trovare la nostra piena umanità. Siamo disumani quando ci distruggiamo a vicenda per motivi economici, politici, religiosi. Siamo disumani quando accettiamo e alimentiamo le grandi ingiustizie che ancora feriscono l’umanità; siamo disumani quando l’indifferenza appiattisce la coscienza e non ci permette di soffrire con chi soffre e gioire con chi gioisce; siamo disumani se inquiniamo e sfruttiamo senza porre limiti il mondo che ci è stato affidato; siamo disumani se non diamo il tempo giusto per la famiglia, i figli.
Il cristianesimo vuole essere una umile presenza umanizzante, che crea relazioni autentiche e che dopo tanti anni di storia ancora crede e spera e si impegna per un mondo migliore, un mondo più umano e, per questo, esperienza effettiva del Regno di Dio.
Grazie di cuore a tutti voi e che il tempo di Avvento e Natale alimentino la nostra speranza e la perseveranza nell’ accogliere il vangelo di Gesù.
Ho ascoltato in questi giorni una parola molto bella su Giovanni il Battista, personaggio simpatico che, assieme a Maria ci accompagna al Natale. Chiedono ad Elisabetta che nome dare a questo figlio avuto in età già avanzata. Lei risponde: si chiamerà Giovanni. Ma Giovanni non è un nome di famiglia, nessuno ha usato questo nome prima, è una rottura con il passato. Allora chiedono a Zaccaria, che era muto, visto che è il padre a dover dare il nome. Zaccaria prende una tavoletta e scrive: il suo nome è Giovanni, e recupera la parola sulla sua bocca. Vivere la Missione è un po’ così, rimanere aperti alla novità di Dio che sempre ci viene incontro nella vita delle persone. L’Altro: indigena Ticuna, Kocama, Caixana, Cambeba; il Caboclo figlio di europei e donne indie; abitante della città, del centro o della periferia; ribeirinho che vive lungo i fiumi di pesca e di caccia; lo straniero e il migrante; tutti siamo il mistero del nuovo che irrompe nella storia. Anche questo è Natale, la ricchezza di condividere la diversità e accogliere il dono di ogni persona: la gioia del bambino che nasce e la sapienza di molti anni dell’anziano, tesori custoditi dall’unica Comunità. Così la Missione non sarà mai migliore o peggiore della nostra quotidianità, ma ci aiuta sempre ad allargare i nostri orizzonti verso una fraternità universale. Così è stato il cammino della Buona Notizia che non poteva rimanere rinchiusa nella nazionalità di un popolo, e si è aperta per tutti i popoli della Terra.
Credo che partecipare del cammino della Missione con la preghiera, l’ascolto e la condivisione della nostra vita, dei piccoli progetti rivolti ai più bisognosi, l’attenzione ai poveri, ci siano sempre di grande aiuto, affinché la Buona Notizia del Vangelo, la pace e la giustizia siano ancora speranza. Grazie davvero a tutti per il sostegno e l’amicizia, Buon Natale, novità di speranza e di pace!

Don Gabriele & Gabriel – missionari diocesani in Amazzonia

Santo Antonio do Içá, dicembre 2023

 

GIUGNO 2023

Comunità Rio Içà, 18-26 giugno 2026

Partiamo da S. Antonio domenica 18 giugno 2023, alle 12:30.
Io, Moises, Moacir e Mariana. Arriviamo a Santa Maria alle 17. Qui ci accoglie una coppia di sposi, Valdi e Maria Joana, con i loro figli e nipoti, una famiglia grande con varie famiglie. Verrà ad abitare qui anche una figlia che ora è in città con una figlia che ha problemi di cuore. La cappella, gialla, è nuova, costruita in aprile, con il loro lavoro (e aiuti dall’Italia). Li ricordo perché, con alcuni bambini, hanno partecipato pochi giorni fa alla assemblea parrocchiale. Non hanno la corrente elettrica, il generatore è rotto da tre mesi. Celebriamo la messa alle 18, quando ancora ci si vede con la luce naturale: 12 persone, la coppia più adulta e figli e nipoti. Con Mariana la missionaria facciamo una prova di canti, e loro cantano bene. Ancora non si incontrano per celebrare la domenica, ma il sig. Valdi mi dice che ora, con la cappella, intendono fare la celebrazione domenicale. Un dei figli è professore, insegna nella sua casa perché non hanno un edificio-scuola; d’altra parte ci sono solo 10 alunni.
Mariana si fermerà con loro un giorno, poi la porteranno alla comunità vicina. Virginia la raggiungerà e faranno il loro percorso fermandosi un paio di giorni nelle comunità.
Veniamo assaliti dalle zanzare e cerchiamo rifugio sulla barca!
(Per la prossima messa ci saranno due bambini da battezzare).

Lunedì 19 giugno, partiamo alle 7:30
e arriviamo a União da boa fé alle 9:15. Poche case (ne vedo 4), si nota la cappella che quando arriviamo sta funzionando come Scuola materna, e davanti una costruzione aperta che per ora è la scuola per i più grandi. Ci accoglie il cacique quando approdiamo e alcune giovani donne; riconosco il gruppo che ha partecipato alla Assemblea parrocchiale. Ci fermiamo a chiacchierare e alle 10 celebriamo la eucaristia. Arrivano i bambini davanti all’altare; un giovane, Thailon e una ragazza, Luciana, scelgono i canti e fanno le letture. Hanno il libretto dei canti e tutti cantano durante la celebrazione; loro si incontrano sempre la domenica per la celebrazione. Li invito a pensare alla catechesi e mi dicono che hanno un po’ iniziato, anche se non in modo continuativo.
Alla messa partecipano 5 adulti, 7 giovani, 14 bambini; le famiglie qui sono tutte cattoliche e mi dicono che avrebbero intenzione di ampliare la cappella; alla fine della celebrazione i bambini condividono i biscotti che abbiamo portato e guardano le fotografie che ho scattato. Mi sembra una buona comunità, si respira un clima di famiglia e simpatia. Anche per loro l’handicap della mancanza di energia elettrica; avevano un generatore ma è rotto da anni (possibile che non ci sia modo di aggiustarlo, mi chiedo).
Alle 16 messa a Manacapuru. Ci sono 3 adulti e 7 bambini piccoli; non sanno i canti della liturgia e facciamo qualche prova prima; nemmeno qui arriva la elettricità e per mantenere in fresco le cose, come il pesce che pescano, (in questo clima caldissimo) vanno a Santo Antonio, comprano sacchi di ghiaccio per metterlo nelle casse di polistirolo dove si conserva il pesce per un po’.
Partiamo per Nova Esperança I, messa alle 19. Partecipano 17 persone (adulti, giovani, bambini); ancora non sanno scegliere i canti per la liturgia così io e Moises li aiutiamo con i canti e le letture. Sono poche le famiglie, comunque mi dicono che alla domenica si incontrano per celebrare. L’orario serale è il più affollato per zanzare e altri insetti, siamo assaliti….

Martedì 20 giugno,  partiamo alle 7:30
e arriviamo a S.Lazzaro alle 16; vedo 8 case e la cappella, dal tipico colore giallo di quelle costruite negli ultimi anni. Chiacchieriamo con Valdeci e la sposa che hanno partecipato alla assemblea delle comunità; una bella famiglia, ci sono 5 bambini e una ragazzina (13 anni) sta studiando a Santo Antonio. Ci raccontano di un incidente accaduto ieri: tagliavano legna nella foresta un anziano e un giovane della città venuto ad aiutare nel lavoro e un albero è caduto sul giovane, ferendolo, che è rimasto privo di sensi perdendo sangue. Erano a una ora di cammino dal villaggio e l’anziano non sapeva proprio cosa fare; non sapeva come soccorrerlo, si è incamminato per avvisare nel villaggio, dove sono riusciti a telefonare i responsabili della assistenza medica, che hanno inviato una barca per il soccorso. Ora è in ospedale, non sappiamo quali siano le condizioni.
Nel pomeriggio parliamo anche con la signora che ci ha ospitati in casa, ci comunica il desiderio di avere qualche lezioni per continuare gli studi; ha frequentato i primi anni di scuola poi si è fermata; i suoi genitori non permettevano di uscire dalla comunità così è sempre rimasta lí e ora desidererebbe (e anche altri adulti) studiare ancora un pò.
Penso che l’Ufficio Scuola potrebbe nominare un professore per il gruppo di giovani-adulti che vorrebbero continuare gli studi. Mi sembra una bella esigenza da parte sua. Ci ritroviamo nella cappella alle 19 e facciamo prove di canto con i bambini, poi celebriamo la eucaristia con 8 adulti e 11 bambini, ancora piccoli, ma partecipano; mi sembrano buone famiglie.
Un giovane che suona la tastiera nelle celebrazioni festeggia il compleanno oggi; per ora la tastiera rimane ferma, il trasformatore è bruciato, dovrà cercare a Santo Antonio uno nuovo.

Mercoledì 21 giugno, partiamo alle 6:30.
Arriviamo a Apaparí alle 9:15. Comunità che è solo una famiglia e il capofamiglia con gli altri é in questi giorni a Santo Antonio. A casa un figlio e alcune persone che lavorano per la famiglia. Per coincidenza quando noi arriviamo arrivano anche loro su due barche, dopo un giorno di pesca; hanno tre pirarucu di circa 1 metro e due sui 2 metri; hanno i fucili, hanno cacciato e hanno preso una paca (grosso roditore) e un uccello grande come un gallo. Con destrezza, usando grossi coltelli, squamano e puliscono i pesci, mettendoli nel ghiaccio per poi venderli a S. Antonio (e da Santo Antonio, una parte per Manaus e Leticia in Colombia). Chiedo se posso comprare il tambaqui (un pesce) e ce lo regalano per il pranzo. Dato che la famiglia non è presente, continuiamo il viaggio.
Alle 16,40 arriviamo al Sitio Nova Esperança, luogo molto bello; abita una sola famiglia, allevano mucche, pecore, galline. Erano a Santo Antonio per la assemblea delle comunità e ancora non sono tornati, è rimasto solo uno dei figli come custode della casa (anche qui, quando la casa è vuota, arrivano i ladri) e prendersi cura degli animali. Quando scendiamo dalla barca ci accoglie un cinghiale nero, addomesticato e affettuoso, che si ferma accanto a noi per ricevere carezze. Molto simpatico! Rimaniamo a parlare con il ragazzo, poi si riparte per la vicina comunità di Itu. Alle 19 celebriamo con la coppia che ci ospita nella loro casa (donna Helena e il marito), una figlia e 8 nipoti dai 14 a un anno di età. Prima della messa con i bambini faccio prove di canto; sono tutti battezzati, tranne la bambina più piccola. Sarebbe cosa buona organizzare una catechesi per i più grandi, ancora non siamo riusciti.

Giovedì 22 giugno, partenza da Itu verso le 8
Alle 10 arriviamo a Mamuriá; ci accolgono sulla riva, con un canto di benvenuto. Gli alunni della scuola interrompono la lezione quando arriviamo; chiacchieriamo, ci aggiornano sull’intervento della polizia per distruggere alcune delle draghe illegali che cercano oro sul Juí e Purité, affluenti del rio Içá. Pensiamo che sia stata fatta una azione in grande stile, ma tornando a casa apprendiamo che i garimpeiros hanno saputo in anticipo della azione e hanno nascosto le loro draghe, cosí che la azione non è stata tanto efficace.
Nella comunità abbiamo un gruppo di adolescenti così li invito per un piccolo incontro biblico; tutti vengono con la bibbia e il libro dei canti; faccio un ripasso sulla ricerca dei testi biblici (libro, capitolo, versetto) e cerchiamo qualche testo sulle caratteristiche di Gesù: un miracolo di guarigione, una parabola, la scena della morte in croce. Celebriamo la messa, 20 persone presenti, qui abbiamo anche un ministro della Parola e uno della Comunione. Tutti cantano alla celebrazione, è una liturgia partecipata. Ci invitano a pranzo nella casa di Assis (10 figli, solo uno maggiorenne), mangiamo insieme pirarucu, riso e uova.
Una loro difficoltà è la scuola: sono in una stanza ormai vecchia, con il legno deteriorato; hanno chiesto al municipio di costruire una scuola nuova, ma non è stata fatta. In realtà gli alunni non sono molti, forse stanno programmando di unirli ad una altra comunità.
Alle 14:30 ripartiamo, alle 17 arriviamo a Barro Alto, una comunità nuova che ancora non conosco. Sulla riva ci accolgono due simpatiche bambine, Alexandra e Maria Vittoria. Poi conversiamo con gli adulti. È la quarta volta che si visita questa piccola comunità, un gruppetto di famiglie. Stanno sistemando una area per coltivare manioca, vedo due case con le pareti di legno e altre che hanno solo il pavimento e teloni di plastica come pareti. Seduti sul pavimento di legno impariamo qualche canto poi celebriamo la messa prima del tramonto, perché non hanno elettricità): sono 5 bambini e 7 adulti. Vorrebbero costruire una cappella e dare il nome alla comunità, quando tutto sarà pronto: San Giuseppe. Comincia la notte e scendiamo alla nostra barca; ci regalano un pezzo di carne di cinghiale per la cena.

Venerdì 23 giugno, partenza alle 7,45.
Alle 9:30 arrivo a Ipiranga. I militari impegnati a tagliare erba; entriamo nella cappella per pulire e la troviamo in ordine. Vorrei visitare la prima cittá colombiana, Tarapacá, ma non abbiamo con noi la bandiera della Colobia, quindi Moises mi dice che non possiamo andare. La messa alle 20.00; un giovane suona qualche canto con la chitarra; è ancora alle prime armi, conosce solo pochi canti ma riusciamo a organizzare la liturgia. Pochi partecipano: questo giovane e il fratello, una coppia di anziani (di cui il marito non vedente), una signora e qualche ragazzino, 11 persone in tutto. Mi dicono che ora non si incontrano la domenica per celebrare, e dei soldati e ufficiali dell’esercito nessuno viene. In questa situazione non sappiamo a chi affidare le comunità.

Sabato 24 giugno, Festa della Natività di S. Giovanni battista.
Siamo a Nova Esperança II, celebriamo nella scuola con 17 persone. Il cacique Cristovão e coppie giovani con figli piccoli. Mi dicono che sono della Cruzada (e una famiglia protestante); il cacique è stato per 40 anni tra i responsabili della Cruzada e dato che abbiamo un unico Dio mi dice che è bene dialogare con tutti, accogliersi e si impara qualcosa da tutti. La sua volontà, come cacique è anche mantenere pace e armonia nella comunità. Accolgono il prete cattolico quando va per celebrare. Alle 11:30 ripartiamo. Alle 17:30 arriviamo a Santa Clara, è una sola famiglia: una coppia con figli e i loro figli. Facciamo solo un momento di preghiera e canti. Ci sono 8 bambini e 4 giovani-adulti, oltre al padre; hanno intenzione di costruire una piccola cappella. In futuro potremmo fermarci con loro con calma, e anche iniziare a celebrare la messa.
Nova Canaan. Celebriamo alle 19:30 nella scuola, al buio. Hanno il pannello solare nuovo ma oggi non sta funzionando, forse non lo sanno gestire bene. Compaiono due candele, e con le nostre torce a pila possiamo celebrare. In 25 della comunità, 4 adulti e il resto bambini e qualche giovane. Si dovrebbe tentare di farli radunare la domenica e iniziare una forma di catechesi se si riesce a responsabilizzare qualcuno.

Domenica 25 giugno, partiamo alle 8
Arriviamo alle 10:30 a S.Pedro. C’è la scuola nuova ma oggi è chiusa e il professore e la professoressa sono usciti essendo giorno di festa. Ci fermiamo davanti alla scuola, dove troviamo ombra, in cerchio; ci sono 15 bambini 2 giovani e 3 adulti. I bambini sono molto timidi, è difficile farli esprimere; mi dicono che quasi nessuno sa leggere e scrivere perché stanno ancora imparando. Facciamo insieme qualche canto, insegno a fare il segno della croce: la maggioranza è incerta sul come farlo. Preghiamo il Padre Nostro, leggiamo un brano del vangelo e condividiamo i biscotti e alle 11:40 ripartiamo. Arriviamo dopo una ora a Apaparí, è ora di pranzo. Ci sono solo giovani coppie che lavorano e pranzano e la famiglia che di solito ci ospita è fuori. Ci dicono che è meglio se celebriamo la messa il prossimo mese quando passiamo e ci saranno tutti. Alle 14 ripartiamo e arriviamo a Vista Alegre alle 18:30; comunitá tikuna, cattolica. Facciamo un giro per parlare con Moises, il ministro: è nella cappella con il cacique e un altro giovane, stanno facendo le pulizie e preparando la cappella per la liturgia. Una chiesa grande ancora da ultimare, la più grande tra quelle che ho visto e in muratura, con il pavimento in ceramica (per ora metà); è coperta ma mancano porta e finestre. È su una altura, qui non arriva acqua del rio Içá anche quando è in piena. Vicino un campo da calcio, ci sono molti giovani anche di altre comunitá, fanno spesso tornei sportivi. Alle 19:30 celebriamo la eucaristia, prima arrivano i bambini che si mettono davanti, poi giovani e adulti, circa 60 persone: canti e preghiere in tikuna, e il ministro traduce le mie parole dal portoghese. Si radunano sempre la domenica per il culto, ma anche altri giorni della settimana. Per quel che ho visto è la comunitá maggiore che abbiamo sul Rio Içá. Mi chiedono un aiuto per la formazione di catechisti della comunità che possano fare catechesi a bambini e adolescenti. Le missionarie potranno dare un aiuto, poi vedremo. (Il tema della lingua è sempre problematico, ma dovrebbe esserci materiale di catechesi in lingua tikuna).

Lunedì 26 giugno, S. Cristovão I
Arriviamo alle 10, ci sono le missionarie Mariana e Virginia dal giorno prima. Facciamo giochi con i bambini, un gruppo grande, con le mamme sedute che guardano contente. È una comunità con alcune famiglie cattoliche ( 5, mi pare) e il resto protestanti. La maggioranza dei bambini presenti sono di famiglie protestanti. Alle 11 celebriamo la messa, nella prima stanza di una famiglia che ci ospita, siamo ammassati in 50 ( anche bambini delle famiglie non cattoliche che sono rimasti con noi); ci fermiamo poi per il pranzo. La professoressa dice che comincerá a radunare la comunitá per la celebrazione della domenica.
Alle 15 arriviamo a S. Vincente e alle 19:30 la eucaristia. Partecipano 12 persone; la ragazza che di solito anima la liturgia è fuori con il marito, per impegni scolastici. Il cacique arriva tardi, alle 21, perché ha avuto un guasto nella barca. Mi dicono che alla domenica si radunano per la liturgia. Dormiamo a S. Vincente e il giorno dopo si ritorna a Santo Antonio.

Don Gabriele Burani – missionario diocesano in Amazzonia

Santo Antonio do Içá, 29 giugno 2023

 

Viaggio Missionario Rio Içá – 2-6 giugno 2023

Sabato 2 giugno partiamo alle 12,30 di un caldo pomeriggio. Arriviamo alle 16,45 alla comunità di N.S di Nazaré; celebriamo in una casa. Alla messa 2 sposi adulti, 2 figli giovani e una signora con una figlia piccola. Si uniscono ai canti che io e Moises scegliamo, loro hanno ancora difficoltà nella scelta dei canti. La zona é allagata, non si vede terra; abbiamo molti delfini di fronte a noi.
Alle 18 ripartiamo, arrivando a S.João de Japoacuà alle 19; un piccolo villaggio, arriviamo al tramonto con alcune persone sulla riva; si nota la cappella recente, con la croce sulla facciata. Entriamo nella nuova cappella di legno per la messa, alle 19:30 e la cappella é vuota; ancora non é entrato nessuno, non c’é tavolo e non ci sono sedie. Aspettiamo e pian piano qualcuno arriva; mi dicono che la tavola-altare é stata portata nella scuola; alcuni ragazzi portano due panche. Io mi metto in terra per la celebrazione e li invito a mettersi in cerchio; con Moises scegliamo i canti ( normalmente hanno una animatrice del canto, ma oggi non é presente); ci sono 27 persone, qualche adulto e la maggior parte bambini e ragazzi di 10-13 anni. Tutti fanno la comunione. La professoressa della scuola é anche catechista e ha fatto catechesi eucaristica per questo gruppetto ( anche se nel mese di maggio non si sono incontrati); il ragazzo che era un buon animatore della liturgia ora sta studiando a Tonantins quindi dovranno organizzarsi per le celebrazioni della comunità.
La notte é fresca e silenziosa, si ascoltano le voci di vari uccelli, senza altri rumori; una esperienza che in altri luoghi é difficile per rumori di fondo continui, ed è molto bello rendersi conto della vivacità e varietà degli uccelli attorno a noi.

Domenica 3 giugno, Solennità della SS Trinità.
Partiamo alle 8,20 e arriviamo alle 16,20 alla comunità di S.Sebastiano I, allagata; si arriva alla casa in cui si celebra camminando sui tronchi di legno galleggianti. Ci aspettavano, la grande stanza con pavimento di legno é ben pulita e al centro la tavola con la tovaglia, per la eucaristia. Solo 5 persone, una coppia di sposi anziani e tre uomini della famiglia. Si chiacchiera un po’, poi la celebrazione: in pochi, ma con fede e attenzione. I due anziani andranno a S.Antonio nella casa di un loro figlio, nei prossimi giorni.
In questi mesi con la comunità allagata la vita non é semplice; non lo é mai, ma ora che ci si può spostare solo con la canoa, senza un pezzetto di terra-ferma, specialmente per due anziani é complicato.
Arriviamo poi a MOINHO, un centro maggiore, che raggiungiamo in pochi minuti. É tutto allagato ( ma l’acqua non arriva al pavimento delle abitazioni), ci sono persone davanti alle case, altri che si spostano in canoa. La messa dovrebbe essere nella scuola; con la nostra barca non é possibile attraccare accanto alla scuola perché davanti ci sono i fili della corrente elettrica; quindi ‘parcheggiamo’ vicino ad un albero, aspettando che qualcuno venga a aprire la scuola e a darci un passaggio in canoa. Aspettiamo ma non arriva nessuno; non c’é terraferma, quindi non possiamo arrivare alle case. Le persone ci vedono, qualcuno passa acanto con la canoa, ma nessuno ci chiede qualcosa, nessuno apre la scuola; Moises mi disse che sono quasi tutti protestanti, forse i pochi cattolici sono in città. Una casa viene chiusa, con assi di legno inchiodate a porte e finestre: probabilmente vanno a S.Antonio, ritornando qui quando il livello del fiume si abbassa. Rimaniamo fermi anche la notte, e al mattino alle 7 ripartiamo, passiamo davanti alla comunità di S.Sebastiano II, e qui vediamo tutte le case chiuse. In effetti ieri avevamo incontrato una barca piena di persone di questa comunità, diretti a S.Antonio, che ci avevano avvisato : non avremmo trovato persone in questi giorni.

Continuiamo il nostro viaggio e arriviamo nel pomeriggio alle 15 a S.João do Lago Grande. Dato che é tutto allagato, i bambini davanti alle case si stanno divertendo nuotando, tuffandosi; una mamma ( che é anche professoressa della piccola scuola) vigila dalla finestra; sulla piattaforma galleggiante a cui attracchiamo sono appesi due pirarucu (i pesci più pregiati) a seccare. Dalla piattaforma chiacchieriamo un pò con la professoressa alla finestra; ci dice che sta cercando un terreno in Santo Antonio per farsi una casa, anche per il disagio di vivere in un luogo che é allagato alcuni mesi all’anno. Le case sono costruite su palafitte ma, a volte, l’acqua arriva fino al piano di abitazione e oltre.
Ieri il marito ha ucciso una grande anaconda che stava mangiando le loro galline e oggi é uscito a pescare, ma quando il fiume é in piena non si pesca molto.
Celebriamo la messa alle 19:30 in casa della cacique; è notte, non hanno la corrente elettrica (il generatore si é rotto, un tecnico lo ha preso per aggiustarlo e non restituito) da due mesi; un ragazzo ci viene a prendere in canoa e ci accompagna nella casa della signora. Buio, un buio quasi totale perché ci sono le nuvole e la luna è oscurata; mi impressiona sempre la esperienza del buio vero, quando esci e non vedi nemmeno i tuoi piedi, la tua mano, una esperienza che nelle nostre città italiane non abbiamo più ; qui capisco meglio la simbologia luce/tenebre, e che il buio é veramente situazione di pericolo e di non-conoscenza. La messa é con due anziani ( la cacique e il marito), altri tre adulti e una decina di bambini, alla fioca luce di alcune candele; non hanno preparato la liturgia, noi proponiamo qualche canto e facciamo le letture. Noto in un angolo un altare, con la croce tipica della religione della ‘cruzada’; poi Moises mi disse che questa cacique è in conflitto con altri della comunità perché vorrebbe che tutti entrassero nella ‘cruzada’.

Martedì 5 giugno 2023.
Arriviamo verso le 10 a Boa União; non riusciamo a posizionare la nostra barca vicino alla casa per non rimanere incagliati, ma ci vengono a prendere in canoa. Stanno costruendo una cappella della comunità, ma ancora non è ultimata, e ci fermiamo in una casa. Ci sono 7 adulti e 7 bambini, famiglie giovani; chiacchieriamo e celebriamo la messa. Non hanno molta formazione ma sono molto accoglienti, con lo spirito allegro, una compagnia piacevole. Speriamo che finiscano la cappella, così avranno un incentivo per riunirsi tutte le settimane per la celebrazione.
Alle 16:30 siamo a S.Cristovão II; andiamo nella piccola scuola ( costruita con il contributo dei nostri amici di Reggio); qui, per ora, non si celebra la messa. Al nostro incontro ci sono 8 bambini piccoli e tre giovani donne (2 della religione della ‘cruzada’ e una protestante della chiesa ‘Deus è amor’); leggo un brano del vangelo, facciamo qualche preghiera insieme e la immancabile distribuzione di biscotti. Un incontro ecumenico sereno.
Alle 18 siamo a S.João da Liberdade . Da questa parte del fiume la terra sale quindi la comunità non si allaga; facciamo un giro sulla collinetta su cui stanno costruendo nuove case. Celebriamo nella scuola, con circa 20 persone, in maggioranza bambini. Una animatrice sceglie i canti e organizza per le letture. La comunità è vivace, penso che si possa fare un certo lavoro con la catechesi.

Mercoledì 6 giugno si riparte per S. Antonio, arrivando intorno alle 13. Per fortuna senza rotture alla nostra nuova barca.

Don Gabriele Burani – missionario diocesano in Amazzonia

Santo Antonio do Içá, 7 giugno 2023

 

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