PRATISSOLO – Ss .Gervasio e Protasio

Sul colle di Pratissolo una croce di ferro, azzurra, alta e luminosa, legata alle rivelazioni di Dozulè, squarcia l’oscurità della notte e fa trapelare nella penombra la sagoma della chiesa, che ci narra la sua lunga storia.                                                                                                                 Pratissolo, intorno al 1000, aveva un castello, una piccola “curtis”, fortificata dopo il passaggio degli Ungari, dominio dei vescovi di Reggio, con accanto una cappella, citata dapprima in modo generico, ma poi esplicitamente nel 1234 in un documento del vescovo Maltraversi, come dipendente dalla Pieve di Fogliano. Nel 1238 partecipò con la sua quota a pagare la decima apostolica. Il primo nome di un parroco spunta da un documento del 1283, Ottone, prete di San Gervasio e Protasio. Nel Libro delle Decime del1318 risultava aver pagato sei soldi reggiani. Fino al 1440 la Pieve di Fogliano, prima di essere trasferita a Borzano, aveva ancora le sue cappelle. Quando si formò quella di Scandiano inglobò anche la parrocchia di Pratissolo, che prima d’allora sembra avesse giurisdizione su gran parte del territorio scandianese se ,come riferisce il Caiti, anche i loro morti della peste del 1348, residenti fuori delle mura, furono sepolti a Pratissolo.
Nel 1437 la chiesa risultava ”in condizioni rovinose”.  Per risolvere la triste situazione fu unirta per alcuni anni a quella di Chiozza, priva di parroco.
Era desiderio del conte  Maria Matteo Boiardo, fin dal 1483,  di costituire a Scandiano un Consorzio di Preti per officiare con decoro e splendore la chiesa pievana, edificata da Feltrino intorno al 1400. Questo auspicio si realizzò solo nel 1497. Quando nel 1502 don Bartolomeo Bertolotti rinunciò al suo mandato di parroco, la chiesa di Pratissolo fu unita al Consorzio dei Preti con l’obbligo di mantenervi in perpetuo un cappellano per la cura delle anime. L’unione durerà 277 anni. Purtroppo la chiesa era sempre in condizioni precarie e, in sequenza, vari visitatori sollecitarono riparazioni: nel 1575 il rifacimento del pavimento della chiesa, nel 1579 la parete posta sul lato destro della chiesa, varie fessure e imbiancamento, nel 1594 la facciata della chiesa e i buchi sopra la porta centrale con obbligo di dipingervi l’immagine dei Santi titolari.

Intanto don Natale Paderni, di famiglia benestante di Pratissolo, nel 1638 costruì il secondo altare laterale in una cappellina posta sul lato destro della chiesa, dedicata alla Circoncisione di Nostro Signore Gesù Cristo. Nella pianta del Codice Marliani del 1663 la chiesa appare completa di torre, di canonica, di sacrestia e dei due altari laterali e sotto riporta la scritta:” Chiesa intitolata ai SS. Gervasio e Protasio, rimessa a nuovo, di ordine dorico e col soffitto a volta.”

La canonica nel 1692 era “diroccata” e la chiesa “minacciava rovina”. Il Consorzio dei Preti si obbligò a rifare la canonica, mentre i fedeli a ristrutturare la chiesa.

Nel 1720 la chiesa fu dotata del quadro dei titolari Santi Gervasio e Protasio. Quattro anni dopo il sig. Dionigio Lombardini inaugurò il suo oratorio, dedicato all’Immacolata Concezione di Maria. Dal 1752 iniziarono movimenti franosi , che videro la necessità di ” costruire un muro che ripari il deforme sagrato”.

Il 28 agosto 1779 i Consorziali rinunciarono alla parrocchia di Pratissolo e il primo parroco fu l’ultimo cappellano don Ferdinando  Noceti, il quale dopo due anni rinunciò per il sorgere di gravi problemi alla struttura ecclesiale: “I muri del sagrato minacciavano rovina e parte erano cadenti. La sagrestia si era staccata dalla chiesa e il suo tetto era sconnesso. Il pavimento della chiesa era guasto e disuguale. Pezzi delle pareti erano scrostati”.
Rimarginate queste ferite, altre se ne aprirono col terremoto del 2 maggio 1832: “ Il coro presentava due fenditure e al volto e all’arco del Presbiterio.  Anche la facciata attorno alla finestra fino all’arco della cappella Paderni. Pure il campanile aveva nove fenditure. Altro pericolo una possibile frana del sagrato”.
Anni febbrili per restaurare la chiesa e finalmente nel 1836 costruzione del muro di sostegno del sagrato.
Don Francesco Salvarani iniziò la felice stagione del rinnovamento strutturale e architettonico della nostra chiesa. Nel 1876 la prolungò ad est con la costruzione di un’abside semicircolare e nel 1887 allungò ad ovest  la navata di tre metri, innalzando una facciata slanciata, coronata in alto da frontespizio e al centro decorata da un rosone. Eliminò la vecchia cantoria sopra la porta maggiore e ricavò due balconate ai lati del presbiterio e a destra vi pone “ l’organo del Traeri, il Vecchio.” Nel 1903 realizzò in legno un bel coro per tutta la curva dell’abside. Nel 1914 atterrò il vecchio campanile, che fu poi ricostruito da don Luigi Oleari con un nuovo concerto di campane, fuse dalla ditta De Poli di Vittorio Veneto e un nuovo muro di sostegno del sagrato. Altro innovatore don Cesare Artioli, che nel 1925 inaugurò la cappella del Sacro Cuore, ponendovi una statua donata dal conte Giancroce Lombardo di Milano. Per rendere più armonico l’impianto della chiesa ampliò la fiancata sud nel 1926 con i mattoni a faccia a vista. Internamente ristrutturò le due aule, sotto le cantorie, adattò a sacrestia la cameretta a sinistra del presbiterio e riparò il volto tutto screpolato della chiesa.  Nel 1930 rinnovò le due cappelle laterali, ristrutturando le ancone degli altari “con colonnine e base in cemento granito rosso”.  Costruì le nicchie laterali di S. Antonio abate e S. Sebastiano.  La lampada in ottone dell’altare maggiore era opera dell’artista reggiano Baldacci.  Nel 1951 venne rifatta la facciata e rinnovato il tetto. Intervenne anche sulla vecchia canonica e ne ricostruì una parte con scala, camere e solaio. L’esterno era armonizzato con il campanile e la fiancata sud della chiesa in mattoni rossi con ornato a cemento bianco.                                              
I recenti terremoti del 1983 e del 1995 avevano aperto nuove ferite nella nostra chiesa. Tutto è stato  risanato grazie alla generosità dei fedeli.